... DI DIAMANTE
7 giugno 1941 primissima Messa, poi d'argento e d'oro. Ora di diamante! Ha fatto subito un Mosé interrogativo: " le mie celebrazioni tornano a seconda dei grandi valori indicati da questi metalli? "
Riposta che conta e rimessa tutta Dio. E da lui? Grande misericordia. Da voi preghiere e molte, perché grande è il rendimento di ministero tr.a voi che ebbe inizio del battesimo al bambino che ora vedo papà dei capelli bianchi, il quale con altri papà e mamme mi portano ancora domande: " quanto sono riusciti a far vivere il loro battesimo, aiutando al suo sviluppo autorizzare i sacramenti?"
Compiacere invece ricordo la prima predica, benché in fatto di predicazione fossi proprio molte in difetto. Mi presentai dicendo: " non ho papà, né mamma, nel fratello; ma questi contro di trovarmi in voi ". I conti tornano esatti, anzi abbondanti rispetto alle attese che dissiparono l'aveva paura del timido pretino convinto di essere incapace per "un Vobarno".
Questo luogo della sua gente e invece mi vollero fino a messa di diamante ed anche festeggiarla. Ma essa, per scherzi eleganti del vescovo Foresti, sarà concelebrata con Lui come, in passato, quella d'oro.
E adesso tutto col nostro parroco don Mario. A lui faccio garanzia del tanto buon cuore di Vobarno, sulle prove di sessant'anni in paese.
A nome di tutti sporco ricordo di ellissi non benvenuto, bello e ben appropriata, perché don Mario avviene nel nome del Signore.
Don Giuseppe
IL VESCOVO DI BRESCIA
Brescia, 9 aprile 2001
Caro don Giuseppe,
mi unisco volentieri ai festeggiamenti che la parrocchia di Vobarno ti riconosce per i tuoi sessant'anni di sacerdozio, tutti vissuti a Vobarno e dintorni.
Sessant'anni di sacerdozio sono una meta straordinaria, che rappresenta un momento unico nel quale ringraziare il Signore, per il tanto bene ricevuto e per il tanto bene che hai potuto fare, stando unito a Lui, come suo sacerdote.
Il bene profuso generosamente in una vita non sempre è evidente e riconosciuto. Molti lo dimenticano, altri non se ne accorgono, a volte nemmeno tu ti sarai reso conto appieno che, attraverso un gesto semplice quotidiano, offrivi a qualcuno il bene che egli cercava e del quale aveva bisogno. Ma il Signore, che vede nel segreto del cuore, tutto conosce e preparara la ricompensa promessa.
Dopo sessant'anni di sacerdozio un prete potrebbe provare un senso di stanchezza pastorale e chiudersi nei ricordi e nella nostalgia di stagioni migliori. Sò che invece il tuo impegno sacerdotale continua, in forme di diverse rispetto al passato, ma sempre ricco di attenzione e di entusiasmo, fondato su una fede sicura e provata e su una spiritualità densa di preghiere e di meditazione.
Ringraziando il Signore per te, caro don Giuseppe, voglio dirti il mio grazie personale per quanto hai fatto in tanti anni di sacerdozio e per quanto continui a fare servizio della Chiesa.
Guardando il futuro, ti auguro lunghi anni, nei quali continuare a svolgere in umiltà e generosità il sacerdozio, che sessant'anni fa hai ricevuto come dono da Dio e che ti ha costituito Sacerdos in Aeternum, a servizio del Regno.
Ti accompagni la mia benedizione.
Giulio Sanguineti
IL SALUTO DEL SINDACO
Com'è difficile parlare di don Giuseppe! Anche parlandone in termini elogiativi (e come sarebbe possibile immaginare un linguaggio diverso?), si rischia sempre di dire poco, troppo poco, e soprattutto di non esprimere fino in fondo il significato più vero della sua vita e della sua presenza tra noi.
Quando si celebra un personaggio pubblico, e don Giuseppe lo è, la mente corre a quanto egli ha realizzato, costruito, prodotto. Ma don Giuseppe che cos'ha realizzato, costruito, prodotto?
No, egli non è mai stato sacerdote "menager", di quelli che amministrano alla parrocchia come un'azienda, che ne arricchiscono il patrimonio con edifici e strutture sempre nuove e moderne.
Forse don Giuseppe sia stato un insigne studioso, un teologo, un intellettuale?
Tutti gli riconoscono un grande interesse per la cultura, per il sapere, e una particolare propensione verso la scienza e verso la tecnica; ma tuttavia egli non appartiene nemmeno questa seconda categoria di sacerdoti.
E allora? A quale genere di sacerdoti appartiene? Dove stanno i suoi meriti? Io credo che possono essere riassunti semplicemente di liberandolo dagli aggettivi: egli è stato ed è semplicemente un " sacerdote, nel senso che tutta la sua vita è stata conti e continua ad essere compenetrata dal sacramento da lui ricevuto sessant'anni fa, quello dell'ordine sacerdotale appunto.
Lo conosciamo da sempre come uomo di Dio, equamente diviso tra il fervore per la preghiere e il culto divino, la sollecitudine per i bisogni dei fratelli, e bisogni spirituali, ma anche materiali.
Don Giuseppe per tutti i Vobarnesi, credenti o atei, praticanti o indifferenti, è la testimonianza vivente del messaggio evangelico. Una testimonianza che coincide con la sua stessa presenza tra noi; una testimonianza che ritroviamo non tanto nelle sue parole, nelle sue opere, ma nella sua stessa persona.
Ecco: don Giuseppe è semplicemente un dono di Dio! Forse è questa l'unica definizione che gli si addice.
Se solo riflettiamo un poco, non possiamo non accorgerci di quale tesoro di umanità si nasconda nell'esile portamento di questo anziano sacerdote, di che cuore potente batte nel petto di quest'uomo minuto, di quale ricchezza egli offre quotidianamente all'intera nostra comunità!
Ed è a nome di tutta la comunità Vobarnese che, nella ricorrenza del 60º della sua ordinazione sacerdotale, sono orgogliosa di rivolgerglii l'augurio più fervido e sincero e il ringraziamento per tutto quanto egli ha fatto e continua a fare per noi.
Marina Corradini, Sindaco di Vobarno
PARLO VOLENTIERI DI DON GIUSEPPE
La comunità parrocchiale di S.Maria Assunta di Vobarno celebra in modo solenne il 60º anniversario di sacerdozio del suo don Giuseppe, il 17 giugno 2001; ricorrere inoltre il suo 60° di ministero pastorale in Vobarno e frazioni. Questo record è unico nella diocesi di Brescia; per questo non si può pensare a Vobarno senza un riferimento necessario a don Giuseppe, come pure alla madonna che si venera presso il santuario della Rocca.
Il bene che voglio a don Giuseppe mi porta a non tener conto della sua ritrosia a sentir parlare di sé: lo faccio solo per riconoscenza e per glorificare Cristo in lui come sacerdote del Signore e della Chiesa. Solo in questa prospettiva trovo la possibilità di essere scusato da don Giuseppe.
Desidero mettere in risalto alcune caratteristiche del sacerdozio che pure don Giuseppe vive nella nostra parrocchia:
1- LA SUA SPIRITUALITA' SACERDOTALE: la preghiere assume il primo posto durante la giornata. Si alza al mattino presto e dedica parecchio tempo alle preghiere, alla Liturgia delle Ore, alla meditazione, quando la salute glielo permette concelebra molto volentieri la Santa Messa. Si nota in lui un grande amore all'eucaristia, che recava spesso anche agli ammalati e agli ospiti della casa di riposo. Per la sua formazione sacerdotale spirituale fa riferimento ad un aggiornamento culturale sentito e convinto, che attinge a libri di teologia e di spiritualità sempre attuali.
Ho sempre ammirato in lui la semplicità e la serenità di idee grandi e di convinzioni profonde.
Si orienta facilmente alla fiducia, al rispetto, alla stima verso i confratelli sacerdoti, che vedono in lui una paternità che incoraggia e sostiene. E' noto il suo detto: "I sacerdoti non hanno bisogno di critiche, ma di preghiere ".
2 - LA DEDIZIONE ALLE SANTISSIME CONFESSIONI: è il sacerdote dal confessionale. Lo si è trovato costantemente impegnato nell'esercizio del ministero sacerdotale, soprattutto nel sacramento della riconciliazione. E' assiduo alle confessioni; a lui ricorrono penitenti laici, religiose sacerdoti. Il sacerdote è il ministro della parola evangelica, della grazia dei sacramenti e della fede, nella testimonianza esemplare.
3 - L'AMORE ALLA PARROCCHIA - ricordo due piccoli episodi vissuti con don Giuseppe. Appena arrivato a Vobarno nel 1990 e sentendo, pur dinanzi a anche una situazione alquanto debitoria della parrocchia in genere, la mia decisione di conferma dell'acquisto della casa ex-asilo per il centro sociale parrocchiale, egli mi ha fatto un grande sorriso di compiacimento e di gioia.
Il suo grande desiderio ha portato una prospettiva di fiducia e di speranza: è stato veramente un bene alla parrocchia.
Negli ultimi giorni, quando con don Antonio gli comunicai la decisione del vescovo di trasferirmi da Vobarno e Teglie a Chiari, vidi scendere sul suo volto due grandi lacrime. E' impossibile dimenticare, in quanto, spesso questo è ancora motivo di commozione per me. Tutto comunque il vissuto era orientato al bene della parrocchia.
Vorrei aggiungere ancora questa riflessione: il popolo cristiano è particolarmente sensibile dinnanzi ai sacerdoti che vivono in coerenza il dono che hanno ricevuto da parte del Signore che sa comprendere quale grazia sia la presenza di un sacerdote, che spende la sua vita per i suoi fedeli, che li stimola con il suo esempio, li sostiene con la sua preghiere e offre al Signore, sostando dinnanzi a Lui in lunghi colloqui quotidiani e rendendosi costantemente disponibile alle necessità loro per ascltarli, incontrarli, consigliarli, capirli e stimolarli al bene.
Il Signore accompagni ancora per molto tempo don Giuseppe per il bene della nostra parrocchia.
Auguri, don Giuseppe!
Ad multos annos!
Don Rosario
LA LETTERA DI DON GIANNI
Orzinuovi, 8 maggio 2001
Carissimo don Giuseppe,
ci voleva proprio un avvenimento straordinario come 60º anniversario di sacerdozio per farmi vivo. Non trovo espressioni per dirti quanto sono felice di unire la mia mente alla tua preghiera di lode al Signore per il dono del tuo sacerdozio, vissuto in pienezza e gioia per tanti anni.
Io so di offendere la tua è modestia mentre lo dico, ma lascia che te lo dico: " tu, anche per me, sei stato modello di sacerdozio ". Tra le colpe che mi rimprovero c'è quella di aver allentata, se non proprio interrotta, la tua bella amicizia sacerdotale. In te ho trovato il vero cultore dell'amicizia, paziente nell'ascolto, attento e nello stesso tempo dedicato. Quanto erano preziosi i tuoi pochi, discreti, ma mirati consigli! Se il mio impatto con le persone e le situazioni è stato facile, lo devo a te. Non è vero quello che diceva la buona signorina Alice, che tu "metti le pezze " su tutto e su tutti. Io ho trovato in te la capacità straordinaria di armonizzare verità e carità. E questo mi ha evitato di prendere delle cantonate, e mi hai aiutato a voler bene alle persone. È noto a tutti che il caro Monsignor Vezzola mi voleva bene. Ma perché? Perché tu mi hai insegnato a volergli bene. E se ho un rincrescimento è di non avergliene voluto di più, soprattutto negli ultimi anni. Ed ora mi punge in un cuore un altro rincrescimento: quello di non aver consigliato a tutti il bene che tu mi hai voluto con tanta umiltà, con tanta stima fiducia, ma io so che tu mi perdoni e continui a volermi bene. Da parte mia ti assicuro che ho una grande voglia di unirmi al te il giorno di ringraziamento del Signore per il tuo 60º anniversario di sacerdozio e di stringerti con un forte abbraccio.
Tuo don Gianni Pierani
DON GIUSEPPE - MODELLO DI SACERDOTE
Don Giuseppe Frascadoro ... una persona carissima e un modello grande di"sacerdote ".
Personalmente l'incontrato nel lontano 1959 quando " per mezzo di cartolina postale " (c'è proprio da ridere!!) mi arrivò la nomina a curato di Vobarno, mi colpirono due informazioni: " troverai un parroco molto severo... molto ... e un curato buono, santo nel vero senso della parola ". Mano a mano che conoscevo la realtà della parrocchia scoprivo sempre più un parroco che mi voleva un gran bene che mi donava una fiducia assoluta e un curato, don Giuseppe, che davvero diventava il mio riferimento primo. Don Giuseppe mi ha sempre sorpreso per parecchie caratteristiche che lo contraddistinguono a tutt'oggi:
- la sua fede: davvero un uomo grande, ma semplice, e sacerdote autentico.
- Nella sua libertà interiore, che lo rendeva e lo rende disinteressato, spontaneo e molto schivo. Più era cercato più scappava, era allergico ad ogni esteriorità o sofisticazione; puntava all'essenziale, cioè " il Signore e la persona ".
- La sua semplicità di vita...
- Il suo stile di povertà economica, che parlava al cuore di tutti.
- Il suo equilibrio, che gli permetteva di guardare con intuito... di apprezzare anche la più piccola cosa o gesto. Io non l'ho mai sentito lanciare una critica, ma diceva all'interessato quanto vedeva e sentiva.
- La sua intelligenza impregnata di bontà del pazienza.
Tutto questo lo dico con profonda convinzione e per personale esperienza. Mi fa bene scriverlo, perché guardo ancora una volta ad una persona tanto cara, stimatissima che continua a servire e ad amare il Signore e i Vobarnesi.
A don Giuseppe auguro ogni bene, un po' di salute e tanta pace. Con affetto grande e riconoscenza.
don Palmiro
FEDELTA' E SERVIZIO DI DON GIUSEPPE
Non c'era in cattedrale a Brescia lo scorso 12 aprile per la grande liturgia della Messa Crismale presieduta dal Vescovo con centinaia di preti delle diocesi.
In quella circostanza vengono onorati i sacerdoti che celebrano, durante l'anno, alcuni particolari anniversari della loro ordinazione. Sono dieci i presbiteri che in quest'anno di grazia ricordano i sessant'anni della loro ordinazione e, tra questi, don Giuseppe Frascadoro. Ma don Giuseppe non c'era, ovviamente per motivi di salute. Ma di lui ci siamo ricordati in molti. Conobbi don Giuseppe esattamente cinquant'anni fa, tanti sono gli anni del mio sacerdozio. Avevo 23 anni ed ero prete. Venivo da Salò. Fui inviato come curato a Vobarno, essendo parroco un altro salodiano, don Tommaso Vezzola. Incontrai subito don Giuseppe all'oratorio. Lui continuava ad essere il direttore; a me fu dato l'incarico di assistere dei giovani di azione cattolica, i chierichetti ed ebbi diverse attività pastorali. I miei luoghi di riferimento erano naturalmente l'oratorio e la casa di don Giuseppe, la ero sempre ben accolto anche dalla zia e dalla cugina di don Giuseppe. Quante sere ho trascorso in quell'ambiente assieme ai giovani di allora. Alcuni di loro hanno poi ricoperto posti di grande importanza: Andreino Barbiani, Domenico Fappani divennero da sindaci a Vobarno, Dino Bana passò al sindacato. E come dimenticare Pierenzo Faberi e suo cugino Ezio? ma il punto di riferimento era per tutti don Giuseppe. In lui si specchiano la fedeltà e la stabilità: sessant'anni sempre a Vobarno. Senza presunzione e con ammirabile disponibilità. In lui si evidenzia lo spirito sacerdotale senza iattanza e con gratuità di donazione. La saggezza con cui ha guidato e continua a guidare molte anime, giovani, anziani, è certamente motivo di gratitudine a Dio e di preghiera accorata, perché il Signore lo conservi tra noi. . Il suo udito è venuto meno! Ma l'udito del suo spirito è sempre in ascolto: ascolto di Dio e ascolto di tutti quanti si rivolgono a lui. Anch'io sono tra questi e gli voglio bene. Gli sono grato e continuerò ad esserlo. Egli è presente nelle mie preghiere quotidiane. Conto di essere anch'io a Vobarno il prossimo 17 giugno. A Dio piacendo.
Don Secondo Moretti
DON GIUSEPPE FRASCADORO: FRAMMENTI
Sintetizzare in due righe sessant'anni di vita sacerdotale in Vobarno, o nei pressi, è impresa ardua, forse impossibile. Per questo motivo ho dato briglia sciolta alla fantasia e, qualcosa o (...poco, pochissimo) ho recuperato. Mi perdonino i miei quattro lettori e, soprattutto, mi perdoni l'interessato, per essere stato trattato così alla buona. In queste due righe vorrei ci fosse tutto il mio spirito sacerdotale, la mia stima e il mio/nostro ringraziamento per don Giuseppe. A suo tempo, un volumetto prenderà il posto di questi due strafalcioni.
BICICLETTA. Cosa centri, come primo ricordo, la bicicletta, lo spiego subito, soprattutto ai miei lettori che la sessantina non l'hanno ancora superata. Il fatto che nel 1941... in avanti, oltre il treno (lla vecchia ferrovia che immetteva direttamente alla Falck) e due o tre automobili, non c'era mezzo di locomozione più abituale che la bicicletta. I miei compagni di scuola e di giovinezza mi ricordano pedalante su una bicicletta, con la tonaca un po' sbrindellata. La tonaca: l'essenziale è chi sta dentro! Qualcosa: soprattutto il vero cavallo di battaglia era la bicicletta. Chi, della nostra età, non si è servito dalla bicicletta di don Giuseppe? Lui, don Giuseppe, confessava tutte le revv.suore della Val Sabbia, comprese le suore dorotee di Pompegnino, dove viveva il suo confratello, da lui stimatissimo, don Angelo Questa. Dove voglio giungere? Mi prendeva in piazza, mi poneva sul manubrio e svincolava su per via Goisis, verso il cimitero nuovo, per affrontare la salitina del cimitero, naturalmente non asfaltata. Era una sfida con la legge di gravità che porta in giù! Le risatone nostre quando riusciva ad essere dinanzi al cancello del cimitero: ce l'aveva fatta! Il resto, giungere a Pompegnino era una bazzecola. Penso (ripeto: penso) che un po' della mia vocazione sacerdotale sia nata su quel manubrio,con le mie braccine al collo del "mio prete"! Chissà se don Giuseppe ricorda questi particolari inediti! Le frazioni: Carvanno, Eno, Moglia, Teglie, Collio, Carpeneda, ...erano raggiunte a suon di pedalate! Mai una Santa Messa fu più puntuale di quelle celebrate dal " mio prete"!.
I MALATI. Mi attesti una famiglia di Vobarno, se ne ha il coraggio, che don Giuseppe non abbia varcato almeno una volta la soglia di una stanza ove era sdraiato o in poltrona un malato? Mi ricordo (e per assoluta discrezione non posso fare riferimenti, è ovvio) che ... si diceva: "In quella tal casa stava per morire un "rosso" DOC". Ho presente la "tattica pastorale" di don Giuseppe. Dal caffé alla sigarettina (quando fumava), dalla parola " come stiamo?" a "Arrivederci domattina" erano i suoi "segreti pastorali". Mons.Tommaso Vezzola ebbe mille virtù, ma senz'altro non quella di essere un accostatore di ammalati. Ho presente la sua frase di rito, entrando nella camera da letto o in una corsia d'ospedale: "Stia bene, nèh"! Non sapeva dir altro o far altro che questo.Il perché? Subito detto: si commuoveva! Mai mons.Tommaso Vezzola amministrò una volta il sacramento degli infermi! Chi ne è al corrente, me lo faccia sapere. Gesù ha donato a don Giuseppe il fiuto delle anime, dei sentimenti più veri che ciascuno nasconde dentro di sé. Non è che don Giuseppe sia ferrato in psicologia o in tecniche scaramantiche; gli è che Lui avverte il "tono" giusto da portare accanto a chi soffre, a chi piange, a chi si è volta dall'altra parte delle coperte per non ascoltare le parole uniche che salvano, che leniscono il dolore, che offrono la speranza che le medicine o la chirurgia o la chemioterapia non possono offrire.
GESU' E MARIA. Descrivere la spiritualità di don Giuseppe è semplice. Il Vangelo di Gesù gli ha riempito l'anima e dal cuore passa attraverso i silenzi e le parole. È un oratore di prima classe, don Giuseppe. Non scherzo! Vorrei possedere la sua profondità, la sua incisività, le sfumature dettate dalla carità divina. Adesso, una fastidiosa protesi, gli fa mescolare vocaboli e mezze parole, ma ve l'assicuro: don Giuseppe raggiunge la profondità dell'oratoria vera. Provate a prendere un piccolo magnetofono, registrate, poi, con calma, decifratelo a casa. Scoprirete ricchezze indicibili e inedite. La cultura di don Giuseppe? Vorrei possederla io. Libri, vecchi e polverosi, ma sempre macinati con acribia e con gioia. Ricordo i settanta volumi (celesti per la precisione) di tutti gli iscritti di Sant'Alfonso, vescovo di Napoli, il più grande moralista della storia della Chiesa. Me li regalò, chissà perché! Non so se li ho letti tutti, ma so che mi ha fatto un immenso piacere che li regalasse proprio me, povero divoratore di carta stampata. Gesù e Maria sono i suoi amici. Badate a quando celebra la Santa Messa o quando tiene la corona del rosario fra le mani: scoprirete qualcosa che va al di là del gesto o del segno. Le sue parole normalmente sono evangeliche, sono le parole di Gesù e di Maria, sono i gesti di Gesù e Maria. Cosa offrire all'uomo del terzo millennio se non la parola che non passa e che costituisce la nostra vita immortale ed eterna? Don Frascadoro questo lo sa. Scherza pure, col suo largo sorriso, su come il Signore gli ha affibbiato quel cognome strano, unico in Italia, per quel che io sappia. Fatevelo raccontare da lui, come è nato il suo cognome e come lui lo sa portare bene.
IL DONO DEL CONSIGLIO. Su la mano chi, in Vobarno e dintorni, non è stato almeno una volta al " confessionale" di don Giuseppe! Ho posto la parola "confessionale" tra virgolette, perché qualcuno non pensi a quell'aggeggio introdotto nel 1700 da San Carlo Borromeo, dopo il concilio di Trento. La confessione o la richiesta di aiuto può avvenire in mille posti impensati o impensabili. Dal barbiere o dal farmacista o sulle rampe che portano a Sant'Alessandro o nella cappella di San Rocco. Sacerdoti e suore e uomini e giovani e figliuole (come usava esprimersi monsignor Vezzola): tutti attendono un lume da don Giuseppe. Chi lo immaginerebbe che è l'unico sacerdote in diocesi di Brescia abbonato a "Scienza e tecniche ", la sua passione, nel vero senso della parola? Eppure Dio Padre gli donò questa "carisma" (= dono per gli altri, in greco) che egli usa discretamente. Avete mai sentito un pettegolezzo da don Giuseppe? Avete mai ascoltato una parola men che corretta? La nobiltà d'animo di don Giuseppe consiste nella sua interiorità che fiorisce all'ombra del tabernacolo e del rosario.Virtù rara, oggi, il dono del consiglio! Se noi sacerdoti, me per primo, pregassimo un po' di più e ascoltassimo le silenziose richieste di tanta gente che ci accosta, ma che, in fondo, desidera la parola salvifica!...
LA POVERTA'. Ai miei quattro lettori verrà subito in mente la povertà " economica". Anche questa! Per povertà intendono tutte le sfumature che questa piccola parola ha nel Vangelo e nella Bibbia. La povertà di chi non si lamenta mai. La povertà di chi attende tutto da Dio. La povertà del profeta che sa di essere solo strumento del Signore! La povertà di essere un ... povero prete, da sessant'anni al servizio di una comunità, quella vobarnese, che gli vuole bene. Come o chi non può voler bene a don Giuseppe? Abbiamo voluto bene alla sua "ZIA" (negli anni 45,50, '60). Tutti sono ricorsi per qualche pratica "donna Alice", la cugina, che lui teneramente stimava ed approvava. Povertà che significa il contrario di dabbenaggine. Povertà che significa il contrario di espressioni note. Una povertà che gli fa donare coperte e materassi e (perdonate!) calzoni a chi ne è sprovvisto. Questa la chiamate povertà? Questa è magnanimità, è delicatezza indicibile, questa è ricchezza interiore. Questa è povertà che vale, che rimane, che costruisce. Celebre l'episodio all'oratorio nuovo, mentre don Giuseppe stava sradicando con il piccone un masso. Passò il cav. Gino Gaidoni, lo vide e, sorridendo, gli disse: "Lei faccia il prete, don Giuseppe. Tra cinque minuti le mando qui tre miei operai per quel masso". La sapevate? Don Giuseppe capì, da uomo molto intelligent, l'antifona e andò in cappella! I sessantenni ricordano don Giuseppe, con la tonaca zeppa di pillacchere all'oratorio vecchio, sopra via Nighe, accanto al cimitero vecchio. Non ho mai saputo cosa facesse lì un porticcato! Ricordo le mentine di liquerizia e il famoso calcio in culo! Il pallone lo si aspettava da qualche benestante di allora. Siamo nel 50! E potrei continuare. I miei quattro lettori e don Giuseppe, sanno perdonarmi. Mi conoscono bene.
Grazie, signore, che hai impiantato a Vobarno, un " povero prete" come don Giuseppe Frascadoro!
Suo fratello e figlio spirituale e amico.
don Aldo Camisani e mamma Piera
RICORDI ...
Carissimo don Giuseppe,
ripenso ai tuoi sessant'anni di sacerdozio e li collego alla mia vita. Quando sei arrivato a Vobarno la parrocchia era grande, c'era l'unità pastorale con Carpeneda, Collio e Pompegnino. I sacerdoti di Vobarno passavano nelle frazioni, e tu mi hai ricordato un fatto personale. Io che ero un bambino nato da poco, che tu sei entrato nella mia casa di Pompegnino per mio nonno che aveva fama di essere uno stregone, che era morente. Mi hai raccontato che tu, giovane prete, hai salito quelle scale stresse con l'animo preoccupato e timoroso. Alla fine eri anche stupito che tutto fosse andato per il meglio.
Mi ricordo la mia prima confessione, fatta a Vobarno. Tu eri seduto vicino alla sagrestia della chiesa parrocchiale, ho scelto di venire da te per raccontarti i miei piccoli peccati di bambino e tu, per incoraggiarmi ad essere sincero, mi hai accolto con due pizzicotti sul braccio, poi ricordo che mi hai ascoltato e mi hai sorriso e io sono tornato a casa contento. Rivedo la mia vita da seminarista. Ci si incontrava nella chiesa di Vobarno con Aldo e Pietro per la meditazione, al mattino. Ricordo che poi che ti ho scelto come padre spirituale delle mie vacanze e mi ascoltavi almeno una volta alla settimana. Nella tua casa trovavamo libri e riviste scientifiche, amavi parlare dei tuoi esperimenti e delle tue ricerche. Parlavi con entusiasmo degli scouts e dei lupetti, del catechismo e della scuola di religione. Se la mia vocazione sacerdotale è cresciuta ed è maturata, è stato anche con il tuo accompagnamento, che è continuato anche nei primi anni del mio sacerdozio.
Ti ho incontrato di nuovo nel 1970, a Vobarno, quando sono entrato, con emozione, come curato nell'oratorio che tu avevi costruito e fondato. Erano anni belli ma difficili, ne parlavamo negli incontri con tutti gli altri preti. Mi ricordo che mi ascoltavi con attenzione e alla fine mi trasmettevi sempre la fiducia necessaria per riprendere e andare avanti. Tu allora eri a Collio ed era anche facile trovarti in casa. Eri la mia valvola di sicurezza, perché tu eri come un pozzo profondo in cui si può buttare tutto: ascoltavi ma non mi tradivi, il tuo era un consiglio sereno e disinteressato. Mi dicevi allora: " Ti hp conosciuto sempre allegro e spensierato, e pensavo che forse non saresti diventato prete... . Ma vedi, sono contento di essermi sbagliato, e tu continui a farmi capire che tutto è grazia ".
Grazie don Giuseppe, per questi anni in cui ti ho sentito vicino. Poi sono diventato parroco e negli ultimi anni ti ho ritrovato al ritiro spirituale dei preti della Val Sabbia. Mi ricordo di averti portato la torta per i tuoi ottant'anni, per far festa non noi, con i tuoi confratelli sacerdoti, a nome dei quali ti rinnovo i nostri migliori auguri.
Mi hai raccontato, tanti anni fa, la tua emozione e una certa paura quando nel 1941 sei sceso da Preseglie e sei arrivato a Vobarno. Tutto sommato sei rimasto il prete emozionate e sereno di quella prima volta. Nel tuo sguardo e nella tua parola c'è forza e timidezza. La timidezza di portare a tutti un grande dono, che supera la nostra fragilità umana e custodiamo nei nostri vasi fragili. La forza di dare una grazia che non è nostra, che ci supera e che ci anima, che dobbiamo far vivere con gratitudine e con serenità. Caro don Giuseppe, tutte le altre cose in te le dirò in segreto. Un saluto e un bacio dal tuo
don Arturo
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