Angelo Maria Canossi nacque a Brescia il 23 marzo 1862, primo figlio di Carlo e di Teresa Viviani. Pare che la sua famiglia potesse vantare illustri origini: il poeta ricordava arredi domestici memori di antichi decori e il probabile stemma della casata costituito da un cane rampante con in bocca un osso; forse si tratta solo di una sua fantasia, uno dei tanti pretesti per ironizzare sulla sua povertà.
Ebbe tre fratelli e una sorella: il più giovane morì ad undici anni di difterite, mentre la sorella entrò nell'Ordine delle Orsoline. Nel corso dell'opera non intercorrono accenni espliciti ai familiari, a parte tre temi particolari stimolati da una pungente e personale memoria: le morti acerbe (poesia "i pòer murtì"); la poesia e il dramma del chiostro; la madre, illustrata nel duttile gioco di varie tangenze e in primo luogo da quella dell'amor filiale.
L'Angilì (è molto noto questo suo soprannome) frequentò le scuole primarie in San Barbara, poi passò al civico ginnasio e quindi al liceo di Desenzano. Allievo estroso e scontinuo, s'impegna soprattutto in ciò che gli piace. Terminato il liceo, si iscrive all'istituto superiore di lettere in Firenze, ma frequentò solo due anni, per poi ritirarsi tornando a Brescia, dove iniziò l'attività di ripetitore privato.
Seguirono anni inquieti, in cui compi molti brevi viaggi. Nel 1882 si recò a Parigi, presso uno zio paterno, e seguì assai irregolarmente un corso universitario alla Sorbona, dove sostenne degli esami, ma senza preoccupazioni sistematiche e la volontà di laurearsi. Diede lezioni di Italiano, fece qualche servizio giornalistico, guadagnò abbastanza bene e molto spesso compì viaggi in Europa.
Nell'agosto 1884 di colpo ritornò a Brescia. Riprese con poca costanza le lezioni private e iniziò una nutrita e viva attività di giornalista e pubblicista: frequentò molto la redazione de "La Sentinella bresciana" e ne divenne direttore per qualche mese; diede vita al "Guasco", prima quindicinale umoristico e poi quotidiano di informazione. Pieno di iniziative e di idee, ne sfornava a getto continuo e vi si dedicava con l'entusiasmo e il cuore tipici di un artista, ma appena il disegno appariva concluso, sembrava che l'interesse gli sbollisse tra le mani; viveva di intuizioni, si bloccava dove iniziava la volontà pratico-esecutiva, l'impegno di orario e la meccanicità di un mestiere. Tutte le sue imprese ebbero il medesimo destino: impiantò una tipografia, ma presto la cedette; fondò più tardi due importanti riviste, l'Illustrazione bresciana e Brixia, ma ne mantenne per poco la direzione.
Nel 1903 uscì la sua opera "Strafalcionemme illustrata" dalla stamperia Savoldi a firma di Storpiato Tasso, una cruda satira a carico di un tenore sgrammaticato: nell'ameno pseudonimo dell'autore tutta Brescia leggeva il nome del poeta; difatti se ne conoscevano già le prime poesie dialettali, certi modi inconfondibili di umore.
Ebbe un rapporto con una donna cantata col nome di Iole, ma alla soglia del matrimonio non seppe decidersi al gran passo. Tra il 1914 ed il 1916 il poeta si dedicò alla lirica amorosa della quale ci sono pervenuti solo due sonetti. Lui stesso, in una lettera a Iole, dichiarò di aver distrutto molti pezzi.
Nel 1916 fondò l'Istituzione della Memoria: è forse l'unico suo disegno compiuto (a parte le poesia dialettali), ma in tutto degno del suo nobilissimo cuore di patriota e poeta. Nel 1925 partecipò al primo congresso dialettale a Milano, conseguendovi un successo totale. L'ultimo avvenimento importante della sua vita fu l'incarico di allestire il vocabolario bresciano, affidatogli dall'Ateneo di Brescia: per tale lavoro gli venne fissato un assegno mensile sospeso più tardi perché l'opera non si concludeva.
Nel 1936 si trasferì definitivamente a Bovegno, dove trovò l'ambiente adatto alla stanchezza della sua età. Morì il 9 ottobre 1943 e fu sepolto nel cimitero locale.Le poesie dialettali di Angelo Canossi sono pubblicate in "Melodia e Congedo".