La seggiola del silenzio e dello stop

Molti bambini e ragazzi con difficoltà comportamentali, dell’attenzione, autismo, iperattività, ma anche senza particolari disabilità, ricevono una quantità eccessiva di stimoli dall’ambiente esterno e dal loro corpo.

Disturbi nella qualità della percezione sensoriale (visiva, uditiva o tattile-kinestetica) portano questi piccoli uomini ad essere “attenti a tutto”. Quando noi ascoltiamo una persona che parla, oppure quando guardiamo un’immagine, non prestiamo attenzione agli altri rumori o stimoli visivi dell’ambiente grazie al meccanismo dell’inibizione. In loro l’inibizione risulta difficile … il cervello è bombardato da troppe informazioni che arrivano dall’ambiente.

I loro piccoli cervelli sono pieni di energia e producono pensieri e motricità in continuazione. A volte, l’impegno di comunicare ai genitori attraverso il comportamento aumenta l’attività.

L’abbondante quantità di informazioni spesso raggiunge livelli tali per cui il bambino non riesce a controllarla ed a controllarsi: l’iperattività, i capricci o comportamenti oppositivi esplodono. In questi momenti, parlare al bambino, sgridarlo, consolarlo, non ha alcun effetto: si butterebbero ancora informazioni ad un cervello già saturo. Il suo bisogno è fermarsi.

Un tempo, nell’agire educativo, si parlava di seggiolina del “castigo”: questo nome fa oggi paura perché può assumere significati di punizione, richiamare la violenza.

La “seggiola del silenzio e dello stop” molte volte diventa un dono che l’adulto autorevole dà al bambino. Una seggiolina situata in un angolo della stanza, con meno stimoli possibili, oppure in un’altra piccola stanza dove non ci sono persone ed attività, può essere una preziosa situazione dove accompagnare, con dolce fermezza, il piccolo, lasciarlo per qualche minuto da solo e in silenzio.

Questi minuti sono un tempo prezioso in cui, dopo una possibile ribellione iniziale, il bambino può “fare reset”, pulire il cervello dall’abbondanza di stimoli, tornare in sé e, successivamente, riflettere su ciò che stava facendo per assumere un comportamento adeguato.

Ricordo sempre un bambino che, quando veniva in seduta subito dopo la scuola dell’infanzia senza aver avuto un’oretta di pausa prima di arrivare da me, non riusciva a collaborare e controllarsi. Aveva un disturbo pervasivo dello sviluppo e disturbi sensoriali, il suo cervello era troppo pieno, come intasato dalle informazioni di un’intera giornata di scuola. Acquisita una certa consapevolezza, lui stesso mi chiedeva: “posso andare sulla seggiolina?”. Rimaneva seduto qualche minuto, entrambi osservavamo un totale silenzio e, subito dopo, riuscivamo a lavorare con un comportamento adeguato, nella calma e in serenità.

Molti bambini, se vengono distolti dal comportamento problema, aiutati a fermarsi e tornare in sé, riescono in pochi minuti a riassumere un atteggiamento adeguato e collaborativo

Matteo Faberi